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13-11-2014
Uso cronico di marijuana, con la risonanza visibili anomalie cerebrali
Fonte: PNAS
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Titolo originale e autori: Filbey FM et al. Long-term effects of marijuana use on the brain- PNAS, November 10, 2014.


I consumatori cronici di marijuana avrebbero anomalie in alcune aree del cervello, rispetto ai non consumatori. Questo secondo quanto descritto dai ricercatori del Center for Brain Health della University of Texas di Dallas (Stati Uniti).
Lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), riporta i dati raccolti in un numeroso gruppo di assuntori cronici di marijuana di età adulta, scelti in modo da poter valutare eventuali modifiche strutturali durante l’arco della vita, escludendo così possibili confondimenti dovuti alla maturazione cerebrale. Lo studio ha caratterizzato le alterazioni cerebrali associate all'uso cronico di marijuana, attraverso la misurazione del volume di materia grigia nell'intero cervello, la sincronia tra le regioni anomale di materia grigia a riposo e l'integrità della sostanza bianca (la connettività strutturale), usando per la prima volta, tre diverse tecniche di risonanza magnetica. Lo studio è stato condotto su 48 consumatori cronici di marijuana (assunzione, in media, circa tre volte al giorno) e 62 soggetti di controllo (non consumatori della sostanza). I risultati hanno mostrato che rispetto ai controlli, i consumatori di marijuana avevano volume della corteccia orbitofrontale (OFC) significativamente inferiore ma anche una maggiore connettività cerebrale in quest’area. La maggiore connettività è risultata associata all'età di inizio del consumo regolare di sostanza, indicando processi neuroadattivi complessi proprio in risposta al consumo della sostanza. Test cognitivi hanno inoltre rilevato nei consumatori cronici di marijuana, un quoziente intellettivo inferiore rispetto al gruppo di controllo, anche se le differenze non risulterebbero correlate alle anomalie cerebrali osservate. Lo studio – come riportato anche in una nota stampa - offre una prima indicazione che la materia grigia nella OFC può essere più vulnerabile della sostanza bianca agli effetti del delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), il principale componente psicoattivo della cannabis. Secondo gli autori, lo studio fornisce la prova che l'uso cronico di marijuana avvia un processo complesso che permette ai neuroni di adattarsi portando ad un aumento della connettività strutturale e funzionale per compensare la diminuzione del volume di materia grigia.
Redattore: Sraff Dronet
Indirizzo: www.dronet.org
Email: info@dronet.org
 

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