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SOSTANZE D'ABUSO
 
CRAVING: ASPETTI COMPORTAMENTALI E BIOLOGICI - PARTE 2

All'interno di una generica vulnerabilità per la dipendenza da sostanze si può arrivare a distinguere tipologie di soggetti dipendenti in relazione alla risposta agli stimoli "cue": alcuni soggetti infatti, il 22% di quelli studiati, mostrano sia una reazione soggettiva, con valutazione rilevabile ad un test analogo visuale (VAS), che una reazione fisiologica agli stimoli condizionati. Altri, il 42%, attivano soltanto risposte fisiologiche, senza una percezione soggettiva e consapevole di craving. Una restante porzione dei soggetti inclusi nello studio, oltre il 30%, non mostra alcuna reazione ai cue (Szegedi et al., 2000). Evidentemente condizioni psicobiologiche specifiche si associano a tali difformi reazioni in relazione al craving evocato dagli stimoli trigger.


Fig. 11


Per ciò che concerne gli elementi biologici che possono sostenere la percezione del craving occorre distinguere le condizioni evocate dai disturbi astinenziali da quelle invece prodotte dall'esposizione a elementi trigger. Le prime, quelle correlate con l'astinenza, corrispondono a un ridotto tono dopaminergico a livello del sistema della gratificazione, fatto estensibile a tutte le sostanze d'abuso; un deficit serotoninergico è stato rilevato in relazione alla interruzione della assunzione di cocaina, insieme con il "derangement" di tutte le altre monoamine cerebrali (Haney et al., in press); l'elevato tono noradrenergico e del sistema NMDA è relativo all'astinenza da eroina e da alcool; il deficit GABAergico sembra essere presente nella sospensione dell'etanolo (Drummond et al., 2000).


Fig. 12


Al contrario il craving connesso con l'esposizione ai "cue" presenta una natura neurobiologica del tutto diversa: la secrezione di dopamina sarebbe associata proprio alla aspettativa della gratificazione. Nel nucleo ventrale del pallido, cioè nell'accumbens, si verificherebbe un incremento di dopamina durante la fruizione delle gratificazioni, a livello dello shell, nel guscio che fa da contorno a questo nucleo. L'aspettativa della fruizione delle gratificazioni, invece, lo stato di urgenza e desiderio (il craving) che precede la fruizione di un oggetto piacevole, appaiono essere correlati con un incremento di dopamina a livello del core dell'accumbens (Bassareo and Di Chiara, 1999; Garris et al., 1999). La dopamina può dunque essere considerata il neurotrasmettitore del "wanting", del craving appunto, del "sabato del villaggio", dell'attesa di un piacere che deve ancora essere colto. I neurotrasmettitori del "liking", cioè della fruizione delle gratificazioni in sè, sembrano essere i peptici oppioidi e il GABA, evidentemente articolati in un delicato equilibrio con la dopamina (Berridge, 1996).


Fig. 13



Fig. 14



Fig. 15



Fig. 16


Se si considerano le interazioni tra aspetti biologici e elementi comportamentali, il craving può essere visto dal punto di vista della sostanza psicoattiva, e cioè dal livello di capacità addittiva della sostanza: in questo caso il craving sarà sostenuto da alterazioni biologiche indotte relativamente agli effetti gratificanti della droga, o all'astinenza dalla stessa. In un secondo caso, il craving sarà maggiormente fondato sulla necessità di auto-medicare quella che Blum chiama Reward Deficiency Syndrome (Blum et al., 2000): questa forma di craving è maggiormente legata all'individuo, e non alla sostanza gratificante in sè: l'urgenza di usare l'alcool o la droga è connessa, in questo caso, ad alterazioni biologiche preesistenti la storia di droga, determinate geneticamente e da precocissime interferenze ambientali (Cloninger et al., 1988; Galvin et al., 1991). Una terza, e più complicata situazione, vede il craving sostenuto dal desiderio di curare, o anestetizzare sul nascere, o distrarre l'attenzione, rispetto a problematiche di carattere psicopatologico che in qualche modo hanno costituito gli elementi causali dello sviluppo del disturbo da uso di sostanze. Questa ultima forma di craving, più difficile da distinguere da un aspecifico distress che si verifica al momento della disassuefazione, può essere biologicamente supportata dalle diverse alterazioni che la psichiatria biologica ha sinora evidenziato in associazione con i disturbi psichiatrici (Horner and Scheibe 1997).


Fig. 17


Ad esempio, la disforia alla sospensione della cocaina, così connessa con i livelli di craving per la cocaina stessa, può essere legata non al deficit serotoninergico indotto dalla sostanza per sè, ma alla disfunzione serotoninergica relativa alla depressione che cercava nella droga un tentativo di auto-cura. Riguardo alle metodologie sperimentali che hanno tentato di investigare l'innesco del craving per l'alcool, precocemente durante l'astensione dalla sostanza in soggetti alcoolisti, ci si è posto il problema di quali elementi siano veramente capaci di far partire il processo condizionato che si traduce nell'urgenza di bere: se sia prevalente il ruolo dell'esposizione alle bevande alcoliche in sè, oppure le immagini "cue" che richiamano l'alcool, oppure ancora il richiamo a elementi autobiografici della storia del paziente che evocano esperienze di craving (Weinstein et al., 1998). Tutte e tre queste condizioni si sono rivelate capaci di indurre un certo arousal autonomico con incremento della pressione sistolica e della frequenza cardiaca, associato in tutti i tre i casi con elevazione del craving.


Fig. 18


Anche attraverso questa metodologia sperimentale emerge dunque che l'urgenza di impiegare le sostanze può essere sostenuta a partire da vie differenti, non obbligatoriamente dalla concreta esposizione all'alcool e alle droghe. Un interessante modello psico-biologico di analisi del craving identifica tre possibili vie per l'instaurarsi dello stesso, in relazione alle aspettative che ne sostengono l'intensità, ai neurotrasmettitori coinvolti e allo stile di personalità correlato. - Una prima forma di craving è detto "reward craving": la via che lo attiva è appunto il desiderio della gratificazione. La disregolazione del sistema dopaminergico/oppioide e una personalità reward-seeking (novelty, sensation- seeking) ne sarebbero responsabili. - La seconda forma di craving, o "relief craving", è sostenuta dal desiderio di ridurre la tensione o lo stato di arousal. Le vie neuroendocrine coinvolte, in questo caso, comprenderebbero un disequilibrio tra sistema GABAergico e recettori NMDA. La personalità più facile a presentare questa forma di craving sarebbe caratterizzata da una elevata reattività allo stress. - Da ultimo, la terza forma di craving viene definita "obsessive craving", cioè la mancanza di controllo nei confronti del pensiero intrusivo della sostanza. La disfunzione neuroendocrina associata a questa terza condizione sarebbe un deficit del sistema della serotonina, in correlazione con un tipo di personalità con difficoltà del controllo degli impulsi (Verheul et al., 1999).


Fig. 19


Le alterazioni del sistema dopaminergico atte a spiegare il craving appaiono più complesse di quanto si sia sino ad oggi immaginato. Secondo alcuni la risposta della dopamina alle droghe a livello del nucleus accumbens avrebbe un andamento bifasico: lo spike acuto di dopamina, da un lato, sarebbe associato all'effetto gratificante (effetto fasico); dall'altro, l'effetto tonico delle droghe, associato al craving, comporterebbe un incremento di dopamina extracellulare, non sufficiente a stimolare i recettori post-sinaptici, ma abbastanza elevato da agire sugli auto-recettori presinaptici con il ruolo di inibire l'ulteriore release di dopamina (Grace, 2000).


Fig. 20


Il soggetto dipendente tenta di superare l'inibizione ottenuta nella fase tonica incrementando i dosaggi della droga, al fine di reinstaurare la fase fasica, con nuovi spike gratificanti del release di dopamina (Grace 2000).

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